LA DAMA BIANCAVicino ad uno dei pi pittoreschi villaggi del Nuorese, noi abbiamo un podere coltivato da una famiglia dello stesso villaggio.Il capo di questa famiglia, giˆ vecchio, ma ancora forte e vigoroso, - strano tipo di sardo con una soave e bianca testa di santo, degna del Perugino, - viene ogni tanto a Nuoro per recarci i fitti ed i prodotti del podere, e ogni volta ci racconta bizzarre storie che sembrano leggende, invece accadute in realtˆ tra i monti, i greppi, e le pianure misteriose ove egli ha trascorso la sua vita errabonda, e a molte delle quali egli ha preso parte... Egli si chiama zio Salvatore.Ecco dunque l'ultima storia che egli ci ha raccontato, che molti non crederanno, e che pure  realmente avvenuta in questa terra delle leggende, delle storie cruente e sovrannaturali, delle avventure inverosimili.Era una notte di maggio del 1873. In una capanna perduta nelle cussorgias solitarie del villaggio di zio Salvatore, due giovani pastori dormivano accanto al fuoco semi-spento. Fuori, vicino alla capanna, le vacche dormivano nell'ovile di pietre e di siepe, e la luna d'aprile, tramontando sull'occidente di un bel roseo flavo, illuminava la campagna sterminata, nera, chiusa da montagne nude, a picco. A un certo punto uno dei pastori si svegli˜, e rizzandosi a sedere guard˜ se albeggiava. Visto che la notte era ancora alta ravviv˜ il fuoco, e, a gambe in croce rest˜ un momento muto, immobile, tormentato da un pensiero; poi svegli˜ il compagno.Erano entrambi bruni, simpatici e forti, ma il primo svegliato, che si chiamava Bellia, cio Giommaria, era pi alto e ben fatto, con una testa signorile che colpiva, e faceva chiedere se a chi apparteneva non era figlio di qualche ricco Don.- Antonio? - chiam˜, scuotendo il compagno per svegliarlo.- Che c'? Cosa accade?... - rispose Antonio, balzando a sedere inquieto e con gli occhi spalancati. - Che cosa c'?...- Nulla. Ti ho svegliato per dirti una cosa. Senti. é la terza notte che sogno il medesimo sogno. Io non credo ai sogni, ma perdio, quando si sogna per tre notti di seguito sempre la stessa cosa, c' da pensare.- Mi hai svegliato per ci˜? - chiese l'altro con un sorriso scettico e di compassione. - Hai forse tu sognato che ti portavano alla forca?- No - esclam˜ Bellia senza scomporsi. - Senti. Mi appare sempre in sogno una signora vestita all'antica, cos“ credo io perchŽ le signore ora son vestite diversamente, con un mantello di velluto bianco che la copre da capo a piedi. Ha il volto bianco come il suo manto, e gli occhi neri, enormi, con sopracciglia arcuate, folte e congiunte, e i capelli, pure neri, attortigliati intorno alle orecchie...- Beh! Come le Olianesi! - esclam˜ Antonio con ironia, che si interessava poco a quel sogno e aveva molta voglia di riaddormentarsi.- é sempre la stessa... tre notti di seguito, comprendi?- Cosa diavolo ti fa? Sognare delle dame, perdio!- Aspetta. Mi guarda a lungo, con quegli occhi severi bellissimi che mi fanno paura e meraviglia, e mi dice: "Bellia, cammina, cammina! Va nei campi di San Matteo, presso il bosco, vicino al torrente. Troverai una pietra di granito, a dieci passi dal torrente, presso il primo albero del bosco, il pi grosso che c'. Leva la pietra: troverai un'altra pietra fissa al suolo. Leva anche questa e vedrai una croce di ferro posta attraverso ad un buco. Bellia, cammina cammina, arriva oggi stesso: altrimenti i tuoi passi saranno perduti e il demonio s'impossesserˆ della tua fortuna".Accidenti, che bel sogno! - grid˜ Antonio. Ma, nonostante la sua scettica ironia, egli sent“ un brivido serpeggiargli per le reni. Nella sua infanzia aveva udito tante storie di tesori nascosti, custoditi dal diavolo che se ne impossessava, se dopo un certo tempo non venivano ritrovati, e nella sua prima giovinezza gli era accaduto un fatto strano di quel genere: una notte, fuggendo attraverso un bosco, inseguito dai carabinieri, perchŽ allora egli latitava, imputato di un omicidio di cui pi tardi era stato assolto, aveva veduto, al chiaro della luna, un mucchio di splendide stoffe, broccati, panni fini e sete, e due vasi pieni d'oro, e aveva chiaramente sentito una voce, uscente dal prezioso mucchio, dirgli: - Fermati, tutto  tuo, fermati! -. Ma, poco distante, egli udiva il passo dei carabinieri e gli era impossibile fermarsi: quindi prosegu“ la sua corsa. Scampato il pericolo, l'indomani torn˜ a quel sito, ma invece di stoffe trov˜ grandi pietre di granito nero in forma di pezze, e due tronchi bruciati che conservavano la figura di vasi.Ad onta di tutto ci˜ egli, che credeva solo alla realtˆ delle cose, derise il proponimento di Bellia di recarsi, appena fatto giorno, al piano di San Matteo per cercare la pietra indicata dalla bianca dama del sogno. Ma l'altro, che non prestava anch'esso molta fede ai sogni, ma che ad ogni modo voleva assicurarsi, rest˜ nella sua decisione per tutto il resto della notte e sarebbe senza alcun dubbio partito, se all'albeggiare, entrato nell'ovile, non avesse trovato una delle sue migliori vacche, ammalata: era una bella vacca grigia, alta e intelligente, a cui Bellia voleva bene pi che al resto delle sue vacche, e che chiamava col dolce nome di Bella mia.L'improvviso malore di Bella mia gli fece scordare lo strano sogno e il progetto di recarsi al sito indicatogli dalla dama. And˜ invece al villaggio e condusse con sŽ un vecchio pastore che conosceva e curava ogni pi grave malattia del bestiame. Ma neppure zio Lallanu potŽ conoscere che razza di male fosse quello di Bella mia. Era un mistero: si sarebbe detto che la vacca era avvelenata o che avesse qualche spirito maligno in corpo. Neppure il veterinario, neppure il medico condotto seppero dirne nulla. Tuttavia dopo qualche giorno Bella mia guar“ improvvisamente, misteriosamente, come si era ammalata, e riprese a vagare tranquilla con le compagne, attraverso i campi freschi, tra i fieni odorosi di margheritine, con grande contentezza di Bellia che, naturalmente, non pensava pi di andare lass, nei piani rocciosi di San Matteo.Qualche tempo dopo, per˜, Bellia e Antonio, cambiando le vacche da un pascolo all'altro, passarono per caso lass. Era un lembo bizzarro di paesaggio: campi deserti e selvaggi di montagna, pieni di roccie e di felci, circoscritti da boschi di elci secolari e chiamati campi di San Matteo da una chiesetta pisana distrutta, lˆ vicina.I due pastori ricordarono il sogno o i sogni di Bellia, e Antonio fu il primo a proporre di guardare se c'era la pietra e l'albero sognato. Costeggiarono la riva del torrente asciutto, e arrivati vicinissimi al bosco, Bellia cambi˜ in volto di colore. Egli vedeva l'albero, il pi grosso che si scorgesse, e vedeva la pietra di granito precisamente eguali come nel suo sogno!- Perdio! Perdio! - disse, bianco in viso e con gli occhi scintillanti. Si slanci˜ sulla pietra ma da solo non potŽ smuoverla, Antonio lo aiut˜ e, dopo molti sforzi, riuscirono a scostarla: sotto Bellia vide l'altra pietra, pi piccola fissa al suolo, come la dama bianca del sogno aveva detto!Allora anche Antonio si turb˜, e senza dir nulla, continu˜ ad aiutare il compagno che, livido, con le labbra frementi, smuoveva la terra con le mani, intorno alla pietra. Riuscirono a trar via anche questa, e si guardarono in viso, muti, stupiti, spaventati: lˆ sotto c'era la croce di ferro del sogno, posta attraverso di un buco. Bellia grid˜:- Lo vedi? Lo vedi?... -. Con uno sforzo supremo sradic˜ la croce dal suolo e introdusse il braccio tremante nel buco, e ne trasse un gran vaso di ferro arrugginito. Non  possibile descrivere la commozione dei due pastori, e specialmente quella di Bellia. Senza dubbio il vaso era pieno di oro e di perle, Dio santissimo... Dio santissimo!...Con la leppa, specie di grossissimo pugnale a una lama, che i pastori nel Logudoro tengono quasi sempre infilata nella cintura, Bellia fece saltare il coperchio del vaso, e allora ricord˜ le ultime parole della dama: "Arriva oggi stesso altrimenti il demonio s'impossesserˆ della tua fortuna". Il vaso era pieno di carbone e di cenere, sino in fondo!... Inutile ripetere i commenti, la meraviglia, il terrore dei due giovani pastori.Restarono convinti che lˆ esisteva un tesoro e che il demonio secondo la tradizione e la leggenda sarda, se lo era appropriato giacchŽ al giorno preciso indicato da chi l'aveva nascosto (la dama bianca, di certo), Bellia non lo aveva levato di lˆ. Ricordarono allora lo strano malore di Bella mia. S“ certamente era stato lo spirito dell'inferno a far ammalare la vacca prediletta di Bellia per impedirgli di recarsi a San Matteo.I due giovinotti dalla fantasia calda e immaginosa come tutti i forti sardi della montagna, credettero fermamente a ci˜, e ripresero melanconici la loro via, dietro le vacche viaggianti, rimpiangendo il tesoro perduto, terrorizzati dal soprannaturale; e non dissero mai a nessuno questa arcana avventura, finchŽ un fatto accaduto pi tardi, non li convinse pi fermamente nella loro credenza.Passarono cinque anni. Bellia, ammogliato e giˆ padre di una graziosa bambina, viveva tranquillamente, modestamente, sempre facendo il pastore, quando un bel giorno di maggio del 1878 fu avvisato dal pievano che si recasse in casa sua. Bellia, che aveva poca relazione col vecchio pievano and˜ subito a trovarlo, pieno di curiositˆ su ci˜ che poteva dirgli.Il pievano, di cui  inutile precisare il nome, morto dieci anni fa, l'attendeva nella sua piccola camera da letto, pulita e piena di luce; lo fece sedere vicino al suo seggiolone verde, poi and˜ egli stesso a chiudere la porta della stanzetta precedente, perchŽ, ad ogni caso... le sue piccole nipoti erano cos“ curiose... Maria specialmente. Basta. Prese tutte le precauzioni possibili, il pievano and˜ a sedersi nel suo seggiolone si accomod˜ gli occhiali e spieg˜ sul tavolo una carta gialla, vecchissima.Bellia provava un vago sentimento di timore, davanti a tutti i solenni preparativi del vecchio pievano, e sussult˜ quando esso, tutto ad un tratto, gli disse con serietˆ:- Questo foglio ti riguarda!Il pastore cerc˜ una risposta adeguata; ma non trovandola credette bene di star zitto.- Io ho novant'anni, - prosegu“ il pievano, che pareva, s“, molto vecchio, ma che non dimostrava quell'etˆ, levandosi gli occhiali e fissando Bellia coi suoi occhi chiari, che sembravano pi buoni e lattei, sotto le sopracciglia bianche, - io ho novant'anni, figlio mio, e da circa settanta servo il Signore nel nostro villaggio. Non avevo ancora vent'anni quando celebrai la prima messa.- Iddio lo faccia arrivare a cento! - esclam˜ Bellia.- ... Lo stesso anno mor“, vecchio esso pure, l'antico rettore della nostra chiesa, e pochi giorni prima di render l'anima al nostro Santissimo Creatore, mi disse: "Dopo la mia morte vi faranno senza dubbio pievano, quindi io devo affidarvi una grave missione. Sedete, che prima devo raccontarvi una storia". Io mi assisi al suo capezzale e, rimasti soli, il mio vecchio e venerato rettore mi narr˜ questo fatto:"Trentacinque o trentasei anni fa, cio verso il 1773 ci era qui, in questo villaggio, un giovinotto della famiglia M. la quale vive tutt'ora. Era un giovine ricco, bello, notaio laureato, sposatosi poco prima a una damigella della cittˆ di Sassari, dove egli aveva studiato. La moglie si chiamava Donna Maria Croce M***, figlia di un gentiluomo genovese e di una dama sarda, molto ricchi, stabiliti a Sassari, dove essa era nata. Poteva avere un venticinque anni, ed era molto bella, ma di una bellezza piuttosto severa con grandi occhi neri e sopracciglia arcuate, e i capelli attortigliati intorno alle orecchie, alla fiamminga come diceva essa. Inoltre andava sempre riccamente vestita e usava portare un manto di velluto bianco.Forse a causa del suo strano vestire, che la rassomigliava a una fata, e perchŽ sapevasi che suo padre si dilettava di fisica e di astrologia e che essa pigliava parte ai suoi esperimenti, appena arriv˜ qui si sparse subito la voce che malignamente diceva: Donna Maria Croce se la intende con gli spiriti; Donna Maria Croce ha stregato Don Gavino, il marito, e lo ha costretto per forza di una magia a sposarla, e simili cose dell'altro mondo.Fatto sta che Don Gavino, prima di ammogliarsi con essa, faceva l'amore con un'altra ragazza del villaggio, di buona famiglia, s“, e anche bellina, ma povera come Ges Cristo, chiamata Rosanna. Anzi, per non perder tempo, essendoci solenne promessa di matrimonio, Rosanna e Don Gavino si erano regalati una bella bambina. Fatto per cui la ragazza fu scacciata da casa sua, benchŽ Gavino giurasse e spergiurasse di sposarla appena finiti gli studi.Invece l'ultimo anno che pass˜ a Sassari conobbe Donna Maria Croce: e vederla, innamorarsene, chiederla in isposa, sposarla e portarla quaggi, fu tutt'uno.Rosanna ne fece una grave malattia, ma non disse una sola parola di lamento. Ma erano passati appena sei mesi che Don Gavino si era sposato, allorchŽ una notte rientrando a casa sua un uomo lo afferr˜ e nel buio della via lo uccise a stoccate. Tocc˜ allora a Donna Maria Croce ad ammalarsi: e appena guarita, data di anima e corpo a cercare chi fosse l'assassino del marito, riusc“ a scoprirlo in un giovinotto innamorato perdutamente di Rosanna, che gli aveva promesso la mano di sposa purchŽ uccidesse Don Gavino. Donna Maria Croce lo accus˜: fu arrestato, ma mancando le prove materiali del delitto, non ostante il denaro e la potenza della bella vedova, fu rilasciato libero.Tuttavia la dama era sicura del fatto suo, e giacchŽ la giustizia umana non la vendicava, decise di far vendetta da sŽ.Un anno era passato dalla morte di Don Gavino, e in questo frattempo moriva anche il padre di Donna Maria Croce, lasciandola erede di un grosso patrimonio. Essa part“ a Sassari, vendette tutto, poi ritorn˜ qui. Il giorno di Pasqua Rosanna spos˜. La chiesa era affollata, e tra la moltitudine spiccava Donna Maria Croce, vestita di nero, col manto bianco, e uno stiletto d'argento nella cintura, inginocchiata dietro la balaustrata dell'altare.Quando diedi la benedizione agli sposi, la vidi alzarsi ritta, bianchissima in viso e gli occhi fiammeggianti. Rosanna e lo sposo erano appena scesi dai gradini dell'altare, allorchŽ essa si slanci˜ su loro, e col suo stiletto pugnal˜ il giovine dicendo: - Vi rendo il vostro!...Figuratevi il parapiglia, la confusione, le grida del popolo, e la scena che segu“. Rosanna svenne, poi si ammal˜ dallo spavento e mor“ dopo qualche mese, fra i pi atroci rimorsi, giacchŽ per causa sua erano morti due uomini. Donna Maria Croce fu arrestata, e benchŽ a quei tempi la giustizia si facesse come si sia, non valse nŽ l'oro, nŽ le pratiche dei parenti, per diminuire la sua pena.Fu condannata ad essere impiccata, e cos“ fu.Prima di morire mi fece avvisare e si confess˜. Poi mi disse di aver nascosto tutto l'oro tratto dalla vendita del suo patrimonio, nel bosco di San Matteo, presso la chiesetta, in un vaso di ferro a pi di un albero. E mi confid˜ di voler lasciare questo tesoro alla terza generazione di Rosannedda, la figlia di Rosanna e di Don Gavino, affinchŽ ci˜ servisse di qualche alleviamento ai suoi peccati, dinanzi alla misericordia di Dio.- Questo  il mio testamento, - mi disse porgendomi una carta, - conservatela e alla vostra morte consegnatela al vostro successore, perchŽ faccia altrettanto. Cos“ dunque fino alla terza generazione di Rosannedda. Allora colui che avrˆ questa carta la consegni, pochi giorni prima della data indicatavi, al pronipote della fanciulla, ed egli vedrˆ il da farsi. Lo avverta per˜ di recarsi il giorno preciso, perchŽ se tarderˆ un'ora sola tutto sarˆ invano...Pregai la dama di spiegarmi questa frase, ma essa non volle dirmi nulla a proposito, epper˜ quel giorno, Dio mi perdoni, credetti anch'io che essa avesse qualche relazione col mondo soprannaturale, perchŽ quando le chiesi: - E se Rosannedda muore senza erede? - mi rispose:- No! Si mariterˆ ed avrˆ una figlia che anch'essa piglierˆ marito dal quale avrˆ numerosa famiglia. Il figlio maggiore, in ultimo, avrˆ un figliuolo nei cui nomi ci sarˆ uno dei nomi miei. Questo  il destinato...- E se, - domandai, - qualche altro cerca impossessarsi del tesoro?...- Invano! Solo colui che voglio io lo troverˆ, purchŽ anch'esso arrivi in tempo.Donna Maria Croce non mi disse altro; mi consegn˜ la carta e da quel momento sino all'ora della morte non fece che pregare. Mor“ coraggiosamente, da buona cristiana, ed io la piansi come una figliuola.Come essa aveva predetto Rosannedda, dopo molti anni, si marit˜ ed ebbe una figlia che vive tutt'ora, ed  una bella ragazza anch'essa che voi senza dubbio conoscete.Io conservai il testamento di Donna Maria Croce, religiosamente, e mai mi venne il pensiero di accertarmi sulla veritˆ di ci˜ che essa mi aveva confidato. Ora lo consegno a voi, secondo l'ordine suo, e voi farete altrettanto se, Dio nol voglia, non arriverete a conoscere l'erede".- Ci˜ detto, - continu˜ il vecchio pievano, - il mio venerato precessore mi consegn˜ la carta che tu vedi qui, o Bellia.Poco dopo esso mor“, ed io, a mia volta, custodii per ben settanta anni questo prezioso segreto che nessuno conosce.Sempre secondo la predizione di Donna Maria Croce, anche io vidi la bella figlia di Rosannedda maritarsi e procreare una numerosa famiglia. Il maggior figlio giunto il suo turno, si ammogli˜, e suo figlio sei tu, Bellia, o Giovanni Maria, che infatti hai uno dei nomi di Donna Maria Croce. Ecco giunto il tempo. Io ti consegno il testamento e tu, senza l'aiuto di nessuno, puoi benissimo metterlo in esecuzione!...- Io credo che sia troppo tardi! - esclam˜ Bellia, che durante il racconto aveva riflesso tutti i colori dell'arcobaleno, morsicandosi pi di una volta le labbra per non dare in esclamazioni e per non mancare di rispetto al pievano, interrompendolo. - Anzi  troppo tardi davvero!...- Come lo sai tu? - chiese il vecchio stupefatto.Bellia raccont˜ la sua avventura di cinque anni prima.Al pievano sembr˜ di sognare; aggrott˜ le placide sopracciglia bianche, inforc˜ nuovamente gli occhiali e lesse per la centesima volta il testamento, poi esclam˜:- Gesummio, Gesummio, cosa vuol dir ci˜? Ecco che io ho seguito tutte le norme datemi; e qui c'entra senza dubbio il demonio. Senti il testamento: non  a dire che sia scritto in latino, nŽ ispagnuolo e neppure in italiano. é scritto proprio in sardo, in logudorese. Leggilo tu stesso...Bellia prese tremando la carta. Era un foglio di carta giallognola, grossissima, fregiata a ghirigori dorati. In un angolo c'era il sigillo del padre di Donna Maria Croce, con una corona da cavaliere e un D. un E. e un M. intrecciate a una piccola spada, una specie di stocco: il tutto in oro vecchio, un po' sbiadito dal tempo.Il bizzarro testamento era davvero scritto in logudorese, con una calligrafia antica, grossa, incerta, tuttavia leggibile, e Bellia lo lesse a voce alta, sillabando, con l'accento che gli tremolava un poco:Diceva cos“:"Deo, sutta-iscritta, Donna Maria Rughe M***, viuda de Don Gavinu M***, declaro de lasciare in testamentu a su nepode de sa fiza de Rosannedda R***, fiza de Rosanna R*** e de su biadu de maridu meu, su tesoro cuadu sutta s'alveru pius mannu de su buscu de Santu Matteu, su primu chi si aghatat a deghe passos dae su riu; e chi andet a lu reguglire sa die 20 de maiu de s'annu 1878, poite si no non bi aghattat nudda, e chi preghet pro s'anima mea, e faghat narrer missas de suffragiu.Donna Maria Rughe M*** viuda de Don Gavinu M***" [4].Sarebbe troppo lungo riferire tutti i commenti e le ciarle che Bellia e il pievano fecero. Per accertarsi meglio Bellia, il venti maggio, torn˜ a San Matteo e rifrug˜ sotto a tutti gli alberi, ma non trov˜ nulla.Per spiegare il mistero diabolico, il pievano mand˜ il testamento a tutti i suoi amici letterati, sacerdoti e laici, ma nessuno seppe dirne nulla.Finalmente la bizzarra carta capit˜ a un giovinotto del villaggio, nipote di zio Salvatore che studiava nel seminario di Nuoro, e che, oltre le altre doti, era un eccellente calligrafo. Ed egli spieg˜ l'enigma. L'ultimo otto del 1878 del testamento, non era giˆ un otto, ma un tre. Le lineette del davanti erano fatte in modo da rassomigliarlo ad un otto, e cos“ il vecchio pievano si era sbagliato di cinque anni nel dar l'avviso a Bellia! [5]Note:[4] Io sottoscritta, Donna Maria Croce M***, vedova di Don Gavino M***, dichiaro di lasciare in testamento al nipote della figlia di Rosannedda R***, figlia di Rosanna R*** e del defunto mio marito, il tesoro nascosto sotto l'albero pi grande, del bosco di San Matteo, il primo che si trova a dieci passi dal ruscello, e che vada a raccoglierlo il giorno venti maggio dell'anno 1878, perchŽ altrimenti non troverˆ nulla; e che preghi per l'anima mia, e mi faccia celebrare messe di suffragio.Donna Maria Croce M*** vedova di Don Gavino M***.[5] Questo fatto si racconta, con qualche variante, anche nella Gallura, e pare abbia fondamento non del tutto leggendario.